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La
Corte d’Appello assolve il “pecorone”, mentre il “porco” resta a
rischio
CERRO
AL LAMBRO (MILANO)La Corte d’Appello assolve il “pecorone”, mentre il
“porco” resta a rischio. In realtà il povero o-vino non c’entra nulla, se
non per il fatto che ogni tanto viene usato per insultare qualcuno. Ma avolte può
anche non essere un offesa, come nel caso di Siro Marziali. Il consigliere
comunale della Lega Nord a Cerro al Lambro il 19 giugno di quatto anni fa, in
una rovente seduta del consiglio comunale, disse che notava in aula «un
ritorno di quella vecchia classe dirigente che negli ultimi anni ha gestito come
credeva il comune per farsi i propri interessi». Ma qualcuno, fra il pubblico,
non gradì e gli urlò: «Pecorone, pecorone». Era Gianfranco Danelli, ex
esponente della Dc che, querelato da Marziali, il 21 ottobre 1999 era stato
condannato dal tribunale di Lodi a 600 mila lire di multa perché, ha chiarito
il giudice, la parola ‘pecorone” ha «delle connotazioni negative in
quanto evoca l’idea di viltà o comunque mancanza di coraggio». Il 5 dicembre
scorso, però, la Corte d’Appello di Milano ha ribaltato la sentenza,
assolvendo Danelli con formula piena perché il fatto non costituisce reato.
Insomma, dare del “pecorone” a qualcuno durante un acceso confronto politico
può anche non essere un’offesa. Resta da vedere quale sono i motivi che
hanno spinto la Corte a una simile decisione. Da parte sua l’avvocato
Lorenzo Tornielli di Melegnano, che difendeva gli interessi di Danelli, ha
sostenuto davanti ai giudici di Lodi e di Milano che: «L’espressione
“pecorone, pecorone” usata nel contesto di una discussione politica come
il consiglio comunale, dove è pacifico lo scontro fra i rappresentanti dei
diversi partiti, null’altro voleva significare che, anche Marziali, come una
pecora appunto, seguiva il gregge». Tale gregge, secondo Tornielli, è
composto da tutte quelle persone che durante Tangentopoli considerarono
indiscriminatamente colpevoli di corruzione tutti gli appartenenti alla
vecchia Dc. Inoltre, con uno spericolato ma presso la Corte d’Appello
fruttuoso, paragone animalesco, l’avvocato Tornielli ha aggiunto: «Pecorone
in quanto tale non è e non può considerarsi oggettivamente offensivo poiché
la pecora è animale mansueto per definizione, punto e basta. Il paragonare
taluno a un “porco”, al contrario, in quanto animale per definizione
sporco che si rotola nel letame, può avere un significato oggettivamente
offensivo». Mentre «alla pecora non possono sicuramente associarsi
caratteristiche dispregiative. L’animale è mansueto ma pulito, buono.
Marziali pertanto, come “pecorone”, cioè come grossa pecora, è infatti
dotato di un fisico robusto e imponente, segue i dettami del suo capo
l’Umberto, il Senatùr, il quale mostra estremo disprezzo verso gli
appartenenti alla Dc, partito che egli ha combattuto e che la storia ha
distrutto».
Fabio Bonaccorso. Lodi, 12 dicembre 2000.
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